martedì 26 luglio 2011

Grumolo delle Abbadesse e il principio della distanza


La questione che ci preme segnalarvi riguarda la distanza che le nuove costruzioni devono tenere dai corsi d'acqua. E' un problema che riguarda non solo il Veneto - così duramente colpito dalle recenti alluvioni per la forsennata opera di cementificazione portata avanti in questi anni - ma anche altre zone del territorio nazionale. 
Il problema è il seguente. Una legge nazionale del 1904 (art. 96 lett. f) R.D. del 25 luglio 1904, n. 523 - Testo Unico delle disposizioni di legge intorno alle opere idrauliche) prevede che tutte le nuove costruzioni debbano rispettare una distanza inderogabile di almeno 10 metri dalle sponde o dai piedi degli argini dei corsi d'acqua pubblici. Fino al 1994 tutti i corsi d’acqua pubblici erano iscritti in un apposito elenco (previsto dall’art. 1 R.D. n. 1775/1933, articolo oggi abrogato). Per i canali di bonifica (acque non pubbliche), costituenti il reticolo idrico minore, la fascia di rispetto era regolata dall’art. 133 del R.D. 8 maggio 1904 n. 368 (Regolamento sulle bonificazioni delle paludi e dei terreni paludosi) che prevede un limite inferiore variabile dai 4 ai 10 metri secondo l’importanza del corso d’acqua.
Dal 1994 con l’introduzione della legge Galli (art. 1 L. del 5 gennaio 1994 n. 36, oggi trasfuso nell’art. 144 del D.lgs. 3 aprile 2006 n. 152) tutti i corsi d’acqua sono diventati pubblici e: «l’avvenuta acquisizione al demanio dello Stato di tutti i corsi d’acqua esclude qualsiasi rilevanza agli elenchi di cui all’art. 1 R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, nel senso che tale iscrizione non ha più valore condizionante (né dichiarativo) della natura pubblica del singolo corso d’acqua, che è ormai pubblico per legge … di conseguenza il divieto di costruzione di manufatti ad una certa distanza dagli argini dei corsi d’acqua, contenuto nell’art. 96 lett. f ) T.U. 25 luglio 1904 n. 523, si applica ormai a tutti i corsi d’acqua indistintamente considerati» (T.A.R. Piemonte, Sez. I, 20.04.2007, n. 1732). Ne consegue che tale norma – che impone una fascia di rispetto di almeno 10 metri per le nuove costruzioni - resta applicabile: «anche alle aste fontanili (canali di bonifica ed irrigazione)» (Cass. Pen. Sez. III, 27.04.2007 n. 24239 e Cass. Pen. Sez. III, 8.09.2010 n. 32941) 1. Si tratta quindi di una estensione a tutti i corsi d’acqua del regime vincolistico più restrittivo che prevede una distanza di 10 metri.
In Veneto, la Regione non ha recepito quanto disposto dalla legge statale dopo l’avvenuta demanializzazione di tutti i corsi d’acqua e continua a ritenere valida, ai fini della determinazione della fascia di rispetto, la distinzione dei corsi d’acqua in relazione alla loro importanza, applicando ai diversi tipi di acque le due distinte normative statali.
Tuttavia, a rendere più grave la situazione si aggiunge il fatto che con D.G.R. n. 3260 del 15.11.2002 la Giunta Regionale ha passato la gestione amministrativa dei “corsi d’acqua pubblici”, nonché le funzioni di polizia idraulica, dalla Regione ai Consorzi di Bonifica, mantenendo sotto la sua
amministrazione solo i 115 corsi d’acqua pubblici più importanti (Po, Adige, Brenta, Piave, Tartaro, Sile, Bacchiglione, Sile, Livenza, ecc. ).
Una legge regionale del Veneto (L.R. n. 12 dell’ 8 maggio 2009 - Nuove Norme per la Bonifica e la Tutela del Territorio) ha demandato alla Giunta Regionale il compito di scrivere «in attuazione di quanto previsto dal R.D. 8 maggio 1904 n. 368… e del capo VII del R.D. 25 luglio n. 523 … le disposizioni in materia di polizia idraulica» Regolamento che la Giunta Regionale ha varato (all’allegato D della D.G.R n. 3357 del 10 novembre 2009) ma nel quale, disattendo quanto previsto dalla legge regionale, non cita mai la norma statale più restrittiva (art. 96 R.D. 523/1904) facendo esclusivo riferimento al R.D. 368/1904.
Anche per i “corsi d’acqua pubblici” passati in gestione ai Consorzi - assieme agli storici canali di bonifica – viene quindi applicato il regime vincolistico meno restrittivo, mentre solo per i grandi fiumi, rimasti in gestione alla Regione, si applica il R.D. 523/1904 e cioè la distanza minima di 10 metri. In sostanza, in Veneto i “corsi d’acqua pubblici” passati sotto la gestione dei Consorzi di Bonifica, hanno subito un dimezzamento della loro fascia di rispetto.
Le norme locali dei Comuni prevedono tutte una fascia di rispetto idrogeologico di almeno 10 metri (i Comuni peraltro possono prevedere limiti di distanza superiori, ma mai inferiori alle norme statali o regionali). Tuttavia, alcune Amministrazioni comunali del vicentino hanno rilasciato negli ultimi anni permessi di costruire per l’edificazione di grandi condomini a soli 5 metri dai corsi d’acqua, sulla base di permessi idraulici rilasciati dal Consorzio di Bonifica Brenta ai privati costruttori e incredibilmente utilizzati come “deroga” alle proprie norme comunali.
La roggia interessata alla costruzione dei condomini.
Emblematico è il caso dell’Amministrazione comunale di Grumolo delle Abbadesse in Provincia di Vicenza che, pensando di meglio “legittimare” la costruzione di alcune palazzine ad uso residenziale previste a pochissimi metri di distanza dalla Roggia Riale e Moneghina (corsi d’acqua storicamente pubblici), sta modificando la propia norma comunale facendo riferimento esplicito alla necessità di osservare quanto stabilito dal R.D. 368/1904 che viene assunto a norma di riferimento generale per tutti i corsi d’acqua locali. L’esempio di Grumolo potrebbe purtroppo contagiare anche altri Comuni della Regione.
Stiamo cercando di organizzare iniziative a difesa dei corsi d’acqua, incluso un ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per affermare il principio della distanza minima di 10 metri da tutti i corsi d’acqua, annullando la delibera di variante urbanistica adottata dal Comune di Grumolo e in via di approvazione definitiva.

Per ulteriori chiarimenti scrivete alla nostra mail comitatoabusiedilizivicenza@gmail.com

1 Cfr. http://www.ambientediritto.it/sentenze/2010/Cassazione/Cassazione_2010_n._32941.htm
http://www.lexambiente.it/acque/159/3132-Acque.%20Demanio%20pubblico.html

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